Stanislavskij e Sulerzickij

Stanislavskij e Sulerzickij portarono un progetto: la comune teatrale…e il teatro divenne il mezzo di una proiezione utopica nel presente


Il Quaderno di Nessuno – 3110 iscritti / anno XXIII,  n ° 119 – 4/2024  

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Stanislavskij e Sulerzickij

Stanislavskij incontra Sulerzickij (Suler 1872-1916) nel 1906, rimane colpito dalla sua vita avventurosa e lo assume come suo personale collaboratore. Nel 1912 è Suler a “guidare” il Primo studio del teatro d’arte di Mosca. Sulerzicikij portò allo Studio un progetto che voleva essere l’acme di tutta la sua esistenza: la comune teatrale e il teatro diviene il mezzo concreto di una proiezione utopica nel presente,

Lo stralcio è tratto daIl teatro possibile – Stanislavskij e il Primo studio del Teatro d’arte di Mosca a cura di Fabio Mollica, (pag 217 e segg,) che ringraziamo per il permesso alla pubblicazione

Stanislavskij e Sulerzickij

Sulerzickij

Sulerzickij

L’incontro di Stanislavskij con un uomo quale Sulerzickij, e la scelta di porlo a guida degli studijcy genera una tensione nuova nel suo sviluppo. Sulerzicikij portò allo Studio un progetto che voleva essere l’acme di tutta la sua esistenza: la comune teatrale. Quando gli allievi di allora ricorderanno Sulerzickij sottolineeranno la sua importanza nel portare la vita lì dove era solo chiuso ambiente di teatro;

Pavel Markov delineando, nel suo saggio del 1925,

l’essenza della sua influenza nel lavoro dello Studio, userà il termine vneesteticeskij, cioè qualcosa di esterno all’estetica, qualcosa che rimanda ai rapporti che legano i membri del gruppo durante il tempo di lavoro, ma anche oltre. Sulerzickij porta l’esigenza che il nuovo attore nasca da un uomo nuovo: nel suo fare teatro pulsa una vita trascorsa al servizio di quella ‘religione dell’uomo’ che lo ha visto accettare la prigione per rifiutare il servizio militare, solcare più volte l’oceano per salvare in Canada le comunità dei Duchobory vessate dal potere zarista, subire l’esilio per attività politica “illegale”: cercare l’ ‘umanità’ nell’uomo è la pratica di vita perseguita con rigore da Sulerzickij nel corso della sua esistenza, imbarcato come mozzo tra i marinai, contadino tra i contadini della sua Crimea e negli anni duri dell’esilio.

Giungendo al teatro, attirato dalla speranza di potervi trovare un luogo per realizzare i sogni della sua vita, Sulerzickij investe tutta l’esperienza umana acquisita affinché si radichi nella coscienza dell’attore l’inscindibilità della sua dimensione professionale,  da quella puramente umana. La dignità, l’etica dell’uomo e dell’attore devono essere una sola cosa, perché solo l’uomo nuovo potrà generare il nuovo attore, l’artefice di un teatro del futuro, luogo organicamente necessario ad una società diversa, più umana.

Per Sulerzickij il teatro diviene il mezzo concreto di una proiezione utopica nel presente,

e il progetto della comune teatrale – con i giovani dello Studio uniti nel lavoro della terra e nella costruzione delle case, nell’allestimento degli spettacoli e nella socializzazione “extraspettacolare” con gli spettatori invitati a compiere un’esperienza più complessiva all’interno della vita della comune – vuole essere la forma impressa a questo mezzo.

Il Primo studio nasce

dall’incontro dell’opera di due uomini diversi per cultura, stato sociale, professione, ma che posseggono un punto d’incontro forte: riconoscono la centralità dell’uomo-attore nell’arte teatrale e l’importanza della qualità delle relazioni tra i soggetti attivi in un’esperienza del teatro – siano quelle degli artisti nel tempo di lavoro delle prove, siano quelle di attori e spettatori nel tempo della rappresentazione.

Stanislavskij e Sulerzickij

iniziano l’impresa dello Studio ricercando, con modi diversi che testimoniano di vite eterogenee, la fattibilità di un teatro che possa vibrare pienamente delle loro istanze etiche ed estetiche; la presenza degli studijcy, e la tensione generata dal loro graduale maturare lungo direzioni personali e originali, imprimerà alla traiettoria dello Studio forze nuove che genereranno linee di fuga forse impreviste agli uomini che animarono il progetto originario, ma comunque feconde sia per l’approfondimento di quelle problematiche del lavor dell’attore vive alle radici dello Studio, sia per la moltiplicazione delle possibilità dinamiche di esistenza della prassi di “studieità”.

Il ‘sistema’ di Stanislavskij

– negli anni della sua presenza attiva al Primo studio, dal 1912 al 1920 – non è una ‘teoria’, qualcosa da accettare, dimostrare, confutare; è, più semplicemente, l’esperienza del suo lavorare con gli studijcy e con tutti quegli attori che gli danno fiducia cercando percorsi nuovialla propria arte. Ciò che dalla seconda metà degli anni trenta, e almeno fino agli anni cinquanta, in Unione Sovietica diviene ‘regola’, imposizione burocratica di schemi di lavoro rigidamente prefissati e controllati dall’apparato ideologico dello Stato-Partito sarà il Sistema. 

Ma il ‘sistema’ è vivo nelle esercitazioni quotidiane, nella continua verifica dei procedimenti, sempre nuovo perché fondato sulle esperienze individuali e non su una sclerotica schematizzazione, nell’invenzione di soluzioni sempre diverse lungo la ricerca di possibilità creative dell’attore; il sistema sarà per Stanislavskij la riformulazione del suo modo di vivere la professione di attore (anche nell’ottica di regista-pedagogo), e per gli studijcy sarà l’opportunità di essere guidati da un Maestro verso la scoperta dei segreti della propria arte, non seguendo il meccanismo dell’imitazione del modello e successiva variazione personale, ma cercando i percorsi, ben più difficili, per l’individuazione di principi di una creatività cosciente.

Stanislavskij e Sulerzickij

Guardare al sistema significherà allora cercare nelle testimonianze di lavoro concreto prodotto da Stanislavskij e dagli studijcy, penetrando il gergo, la lingua di lavoro ricca di termini quali zerno (germe), kusok (pezzo), skvoznoe dejstvie (azione trasversale), e ancora – citiamo solo i termini più ricorrenti – tvorceskoe sostojanie (stato creativo), krug (il circolo d’attenzione), vera (fede), zadaca (compito), affektivnoe cuvstvo (sentimento affettivo), zelanie (desiderio), podvodnoe tecenie (corso subacqueo) o il famoso perezivanie la cui ampia valenza semantica può permetterci di non rimanere ingabbiati nell’angusta traduzione di riviviscenza;  occorre guardare attraverso il gergo, il lavor quotidiano sugli “studi”, le improvvisazioni, la scansione delle esercitazioni “su di sé” e “sulla parte”.

Stanislavskij e Sulerzickij

E’ attraverso questo percorso che si può avvicinare il sistema inteso come modi e relazioni di lavoro fra Stanislavskij e i suoi allievi. Saranno proprio questi ultimi che inizieranno a scriverne la storia, cioè il movimento fluido della sua rigenerazione per mezzo di una acquisizione e rielaborazione individuale dell’insegnamento del Maestro; nelle esperienze e nelle scritture di allievi del Maestro; nelle esperiemdi allievi quali Evij Vachtangov, Michail Cechov e Valentin Smysljaev continua a svilupparsi lungo canali diversi la ricerca di un sistema, e non a caso ciò avverrà ancora nell’ambiente raccolto degli Studi da loro organizzati e guidati: la ‘studieità’ si pone adesso, a cavallo tra gli anni dieci e venti, come radice di quello che noi possiamo riconoscere come il filo rosso , tradizione profonda del teatro del Novecento: la ricerca dell’ ‘attore creativo’.

In quella scansione posta da Stanislavskij tra

“ lavoro dell’attore su di sé” e “lavoro dell’attore sulla parte” si situa un nodo centrale della problematica dell’arte dell’attore: ancor prima di essere interprete, l’attore deve essere nella possibilità di esprimere la propria attoricità, e per far questo dovrà smettere il suo abito fisico-mentale quotidiano e riplamarsi per permettere l’acquisizione di una ‘condizione creativa’ necessaria al successivo lavoro sulla parte. Si tratta della definizione per l’attore di una dimensione extra-quotidiana (il termine appartiene alla cultura di ricerca di Eugenio Barba, ma ritengo, al di là della specifica valenza che esso assume nelle sue riflessioni sull’antropologia teatrale, utile e possibile un suo utilizzo anche in questa prospettiva) da costruire con un lungo e complesso lavoro di “pulizia” del corpo e della mente dagli automatismi dei comportamenti quotidiani per permettere una nuova messa in forma, che sia organica non alla naturalezza della vita, ma all’artificialità della scena.

La naturalezza come risultato,

dall’ottica dello spettatore, è invece per l’attore un fitto montaggio di pezzi e elementi – fruttto di una complessa segmentazione e notomizzazione di ogni suo comportamento – secondo regole che sono della sua arte, legati da una giustificazione che solo a lui pertiene.

Jerzy Grotowski vedrà in Stanislavskij

l’uomo che ha posto le “domande” essenziali per il lavoro dell’attore, riconoscendo la necessità di “risposte” personali legate al proprio modo di voler essere dentro il teatro, fuggendo la falsa fedeltà dell’appiattimento su risposte che appartengono alla storia di altri uomini. Il sistema di Stanislavskij, in quest’ottica, è per noi un intrico di domande che nascono dalla ricchezza della prassi e della riflessione di un uomo che ha conosciuto la tradizione attorica dell’Ottocento, che ha percorso il cammino dei ‘riformatori’ che sentivano urgere la necessità di una rifondazione del Teatro, che nella pratica degli Studi ha ricercato, ininterrottamente fino alla morte, i percorsi utili all’attore per una sua presenza creativa nell’evento teatrale; intrico di domande, quindi, e insieme risposte personali, frutto della sua cultura, del suo tempo, di un suo precipuo modo di essere uomo di teatro.

Delle risposte degli sudijcy del Primo studio sono testimoni l’insegnamento di Vachtangov e le ricerche di Michail Cechov, le esperienze di Smysljaev coi collettivi del Proletkul’t e i tentativi in provincia di Aleksej Popov, ed ancora molto i teatrologhi dovranno cercare, scoprire, far emergere, per ricostruire quel complesso mondo di rapporti che fu il lavoro di Stanislavskij e dei suoi allievi; che fu il ‘sistema’, che furono i ‘sistemi’.

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