E. DECROUX: Rapporto tra mimo e parola
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Etienne DECROUX: Rapporto tra mimo e parola
da DECROUX: “Parole sul mimo”
cap. V, Dino Audino Editore
Teatro di parola, Teatro fisico: è possibile mescolare le due tradizioni ? Su questo tema le parole di Etienne DECROUX dal suo “Parole sul Mimo”, il primo grande classico del teatro gestuale contemporaneo nonché il primo libro scritto da un mimo sulla sua arte.
Ringraziamo DINO AUDINO editore per il permesso alla pubblicazione
Buona Lettura
VIDEO PRESENTAZIONE https://youtu.be/fdRhucv6dWc
Etienne DECROUX: Rapporto tra mimo e parola
da DECROUX: “Parole sul mimo”
cap. V, Dino Audino Editore
PRIMA SUPPOSIZIONE
Supponiamo che una buona pièce faccia scorrere davanti a me il suo potente fiume verbale. Lo stato ricettivo in cui mi trovo è letterario.
Supponiamo che improvvisamente appaia un Mimo: lo giudicherò strano. Se poi, quando comincio finalmente ad abituarmi al suo modo di recitare, torna a sua volta la parola, toccherà a lei a questo turno di sembrare strana. Non è possibile alternare con successo una scena esclusivamente verbale e una lunga scena esclusivamente mimica.
SECONDA SUPPOSIZIONE
Ma è possibile mescolare il mimo con la parola ? – Si, quando entrambi sono poveri, perché allora l’uno completa l’altra. Le parole di una canzone gradevole, private della loro musica, sembrano povere; altrettanto lo è la musica di quella canzone privata delle sue parole.
Mescolare parola e mimo, quindi, è possibile a condizione che siano poveri.
TERZA SUPPOSIZIONE
Ma uno dei due potrebbe mostrarsi nella sua ricchezza ? – Si, nella misura in cui l’altro si mostra in povertà.
In altre parole:
quando due arti si presentano insieme, l’una deve retrocedere quando l’altra avanza, e viceversa.
Ma, non avendo affatto coscienzadelle possibilità del Mimo, nessun autore può scrivere parole volutamente povere e buone, la cui povertà sia cioè proporzionale alla ricchezza intravista del Mimo.
Perciò, per lungo tempo ancora, il Mimo deve astenersi dall’andare ad infilarsi nelle opere della letteratura drammatica e rinunciare al beneficio di rifugiarsi dietro il nome di grandi scrittori.
(1946)