Curiosando nel teatro futurista
Curiosando nel teatro futurista presenta, con tocco leggero, il versante del Futurismo meno noto ai più
Il Quaderno di Nessuno
Newsletter di Saggi, Letteratura e Documentazione Teatrale
Iscrizioni Archivio: leggi tutti i documenti sul teatro
3110 iscritti / anno XXIII, n ° 117 – 2/2024
Curiosando nel teatro futurista
di Isabella Fantin
Tratto da letteratour.it che rigraziamo per il permesso alla pubblicazione
Il costante interesse del pubblico italiano per il Futurismo, movimento di avanguardia complesso, a tratti contraddittorio, organizzato intorno a numerosi manifesti teorici su argomenti disparati, è confermato dalle numerose mostre a riguardo allestite nel nostro Paese, quasi a cadenza annuale.
Ne riporto tre a titolo esemplificativo: ‘Futurismo e parola’ presso le Leo Galleries di Monza (Mi) nel 2021, l’esposizione ‘Futurismo’ tenutasi a Pisa a Palazzo Blu nel 2020 e ‘Il Futurismo anni ’10 – anni ’20’ allestita nel 2018 nel suggestivo scenario della Cappella Palatina del Maschio Angioino a Napoli.
Il teatro grande assente
Ma il grande assente delle esposizioni è il teatro. Questo articolo di carattere divulgativo, pertanto, si prefigge l’obiettivo di presentare con tocco leggero il versante del Futurismo meno noto ai più ovvero quello del teatro, anche per la rarità delle rappresentazioni unita a tecnicismi teorici che probabilmente attirano meno un pubblico di massa.
Questo articolo è rivolto a tutti coloro che, avendo apprezzato mostre pregresse, hanno maturato il desiderio di conoscere il versante teatrale. Indicato anche per i curiosi.
A seguire una rapida incursione tra i cinque manifesti del Futurismo riguardanti il teatro corredata da un video su un allestimento teatrale di un’opera di Marinetti.
Pars destruens: l’invito alla provocazione
L’11 gennaio 1911, a firma Marinetti, esce il Manifesto dei drammaturghi futuristi poi intitolato La voluttà di essere fischiati il quale da una parte si presenta come un’invettiva contro il teatro della seconda metà dell’Ottocento; dall’altro come un invito ad autori ed attori a rinnovare il teatro sul piano drammaturgico e scenico.
Il teatro dal quale i Futuristi dichiarano l’intenzione di prendere le distanze in ambito europeo è quello naturalista (Becque), psicologico (Ibsen), simbolista (Strindberg). In Italia è sia quello verista legato a Verga, sia il dramma dannunziano di stampo decadente.
I Futuristi spronano gli attori a disprezzare il pubblico che non interagisce con la rappresentazione e gli autori a tagliare dal repertorio equivoci e facili risate del triangolo amoroso, nucleo del Theatre du vaudeville in francese.
Al momento trattasi di una dichiarazione programmatica. Il passaggio dalla teoria alla pratica avviene quattro anni più tardi con l’organizzazione di numerose tournées precedute da scandali a scopo autopromozionale. Un’intuizione questa che il Futurismo condivide con D’Annunzio.
Pars costruens: il teatro Futurista prende forma
Nel 1915, con le firme congiunte di Marinetti, Settimelli e Corra, esce il Manifesto del teatro futurista sintetico che, condannata in toto la produzione teatrale contemporanea estranea al movimento, teorizza il teatro ‘sintetico’: concentrazione di parole e gesti, idee e fatti, grazie alla simultaneità e al dinamismo.
I primi frutti sono le ‘sintesi futuriste’: azioni teatrali rapidissime volte a combinare secondo casualità elementi tratti dalla realtà. Due esempi di Marinetti a riguardo.
“Il teatrino dell’amore” o “Dramma di oggetti” è un dialogo tra un buffet ed una credenza.
In “Le basi” appaiono solo i piedi degli attori. Costante è la riduzione dei dialoghi a un massimo di dieci battute.
TEATRO FUTURISTA SINTETICO – 3- Il teatrino dell’amore – Dramma d’oggetti.wmv (youtube.com)
Pars costruens: aspetti tecnici
Nello stesso anno viene pubblicato da Prampolini sulla rivista ‘La balza’ il terzo manifesto ossia Scenografia e coreografia futurista che propone sul piano teorico di sostituire la scenografia verista con una scenografia soggettiva, per tratteggiare l’ambiente interiore dell’opera rappresentata. In questa prospettiva le combinazioni cromatiche amplificate dai giochi di luce e ombra risultano fondamentali, insieme ai suoni spesso dissonanti prodotti da oggetti.
Per un divertimento illimitato
Nel manifesto Il Teatro della sorpresa del 1921, firmato da Marinetti e Cangiullo, il focus verte sull’obiettivo della rappresentazione: sorprendere con tutti i mezzi con una mescolanza contenutistica di serio, comico e grottesco. La sorpresa, almeno nelle intenzioni, dovrebbe durare a lungo nello spettatore, anche dopo la fine lo spettacolo.
Neanche il Marino, con la sua ‘poetica della meraviglia’ avrebbe ambito a tanto.
Conflitto di interessi tra passato e presente
Nel 1933 i Futuristi propongono un ulteriore documento nel quale riprendono in considerazione gli aspetti scenici o scenotecnici. Il documento programmatico è il Teatro totale per le masse. Un guazzabuglio di spunti vecchi e nuovi in cui campeggia la scena multipla, già della Sacra Rappresentazione medievale prima e del teatro elisabettiano poi per rimanere in ambito europeo.
Gli spettatori, su un percorso obbligato modello Ikea, seguono le azioni di un unico spettacolo ‘agite’ contemporaneamente su palcoscenici multipli.
Rilievo conclusivo
I Manifesti dimostrano che la posizione dei Futuristi rispetto al teatro passato e a loro contemporaneo è unitaria e globalmente coerente nelle sue linee portanti.
L’attualità del Futurismo o meglio la sua eredità, forse, è la rivendicazione dell’effimero come valore assoluto. Parafrasando il filosofo e sociologo polacco Baumann con riferimento al saggio Vita liquida, ed. Laterza, Bari, 2006, emerge con cristallina chiarezza che la società contemporanea si basa (sarebbe meglio dire ‘poggia’) sulla precarietà emotiva, interpersonale e professionale.
Probabilmente è questo uno dei motivi che continua a tenere accesa l’attenzione verso il Futurismo.
A congedo ne riporto la definizione dello studioso M. Verdone (il padre del comico!):
Il Futurismo è un atteggiamento dinamico che tende a proiettare la vita e l’arte nel futuro.
Isabella Fantin è nata nel ’61, abita a Milano in piena movida da tormento notturno. Una laurea in Cattolica in Lettere moderne. Docente di lungo corso, vaglia nuove rotte. Il tempo per lei è il vero lusso. Legge da sempre. Conduce una vita anonima. Le piace ricordare una frase che ripete sempre ai suoi studenti: leggere insegna a vivere. Ci crede anche lei.