CIESLAK improvvisazione

Dai seminari di R.CIESLAK: Cos’è un’ “improvvisazione” a teatro? Ci sono delle “regole” che possano aiutare l’attore?

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1300 iscritti / anno III,  n ° 16 / novembre 2004


CIESLAK: improvvisazione

R. Cieslak e sullo sfondo Grotowski


 

R. CIESLAK improvvisazione

Da “Al Lavoro con Grotowski sulle azioni fisiche” di Thomas Richards,

Ubulibri,  pagg 23-25

Presentazione video https://youtu.be/FQ4-p2IDxLs

Cos’è un’ “improvvisazione” a teatro?

Ci sono delle “regole” che possano aiutare l’attore?

Dai seminari di Ryszard CIESLAK (nella foto a sinistra), il protagonista de “Il Principe Costante” diretto da Jerzy Grotowski, alla Yale University nel 1984, ci arrivano alcune semplici indicazioni riportate da Thomas Richards: dalla costruzione di una “struttura” su cui improvvisare, alle “associazioni” mentre stai compiendo le tue azioni, al “ricordare solo le azioni fisiche” e non i sentimenti.

Ringraziamo il Sig. Thomas Richards per il permesso accordatoci di utilizzare questa citazione tratta dal Suo libro “Al lavoro con Grotowski sulle azioni fisiche”, Ubulibri editore.

Buona Lettura


VIDEO PRESENTAZIONE  https://youtu.be/FQ4-p2IDxLs



Ryszard CIESLAK improvvisazione

…Quando frequentavo l’ultimo anno alla Yale University (1984)

, Ryszard Cieslak  venne a condurre un seminario di due settimane al dipartimento di teatro…avevo appena letto Per un teatro Povero. Le idee di Grotowski, i metodi di lavoro e l’etica che avevo trovato nel libro mi impressionarono profondamente…il lavoro con Cieslak mi aprì gli occhi ed il corpo…Un giorno ci propose di preparare un’improvvisazione da soli e di mostrargliela il giorno dopo. Prima di andarsene ci disse di preparare un abbozzo preliminare. Non dovevamo improvvisare senza una struttura, dovevamo prima tracciare una trama di base. Questo ci avrebbe dato i punti di riferimento, come dei pali del telegrafo, che chiamava “repairs”; senza questa struttura ci saremmo perduti. Poi ci lasciò lavorare da soli.

Inventammo la storia di un matrimonio,

coinvolgendo ogni studente della classe. Discutemmo i nostri personaggi, le loro relazioni reciproche, e creammo un profilo per l’improvvisazione. Il giorno dopo, tuttavia, quando la facemmo, con Cieslak che guardava, qualcuno ruppe la struttura. Ne risultò un gran caos. Il nostro flusso non aveva più un canale in cui scorrere: eravamo completamente perduti.

 Cieslak cercò di farci capire quanto lavoro fosse necessario per creare uno spettacolo a partire da improvvisazioni.

Disse che se volevamo trasformare quell’improvvisazione in uno spettacolo, ognuno di noi doveva prendere il suo quaderno, dividere ogni pagina in due colonne, e scrivere in una colonna, con la maggiore precisione possibile, tutto quello che aveva fatto; e nell’altra le associazioni che aveva avuto mentre improvvisava, le sensazioni fisiche, le immagini mentali e i pensieri, le memorie di luoghi e persone.

Capii che, quando parlava di “associazioni”

intendeva che, mentre stai compiendo le tue azioni, nello stesso tempo l’occhio della tua mente vede qualcosa, come se ti balenasse di fronte un ricordo. Cieslak disse che, tramite quel che avevamo scritto, avremmo dovuto ricostruire e memorizzare l’improvvisazione appena fatta. In seguito, avremmo potuto lavorare sulla struttura, alterandola e perfezionandola fino a che non fosse divenuta uno spettacolo.

Questo fu il solo momento del seminario in cui Cieslak parlò della disciplina che è necessaria nel mestiere dell’ attore, una disciplina da lui evidentemente dominata. Non parlò mai di azioni fisiche…Forse qualcuno potrebbe dire che questo lavoro non ci aveva posto di fronte a esigenze tec­niche, rinforzando così una sorta di dilettantismo preesistente; ma penso si proponesse di farci intravedere qualcosa di molto prezioso, che evidentemente ci mancava…

Ricordo che Cieslak un giorno

disse che un attore deve essere capace di piangere come un bambino, e domandò se qualcuno di noi potesse farlo. Una ragazza si sdraiò per terra e provò. “No, non così!”, disse lui, e prendendo il suo posto sul pavimento si trasformò di fronte ai nostri occhi in un bambino che piangeva. Solo adesso, dopo molti anni, capisco la chiave del successo di Cieslak in quella trasformazione: trovò la fisicità esatta del bambino, il processo fisico vivente che sosteneva il suo grido. Del bambino non cercò lo stato emozionale, ma con il corpo ne ricordò le azioni fisiche. Anche Stanislavskij diceva: “Non mi parlate di sentimenti, non possiamo fissare i sentimenti. Possiamo fissare e ricordare solo le azioni fisiche”…

…Un giorno, verso la fine del seminario,

Cieslak lavorò a lungo con un ragazzo su un esercizio. Vidi che Cieslak possedeva una vasta conoscenza tecnica del mestiere dell’attore. Quel ragazzo doveva ricordarsi del volto della sua ragazza di fronte a sé: senza un partner reale doveva ricreare il modo in cui le aveva toccato il viso, come se lei fosse presente e loro due fossero soli. Per l’attore doveva esistere solo lei, il suo partner invisibile, non noi, gli spettatori. Il giovane attore ripeté l’esercizio più volte, ma mai in modo vero. “Recitava”, provando a mostrarci quanto le voleva bene. Il risultato era forzato, non credibile.

Cieslak gli domandava di pro­vare e riprovare, dicendogli qualcosa come “No, non ti concentrare sui sentimenti. Cosa facevi?”, Cieslak dirigeva l’attenzione del ragazzo sui dettagli fisici: “Non recitare. Com’era il tocco della sua pelle? In che momento preciso tocchi il viso della tua ragazza? È caldo o freddo? Come reagisce lei? Come reagisci tu alla sua reazione?”. Il giovane attore non arrivò alla verità nel ricordare malgrado gli sforzi instancabili di Cieslak. Ma quando giunse al suo momento più vero Cieslak lo interruppe immediatamente, evidentemente affinché questo momento rimanesse l’ultima impressione.

Se ripenso a quel tempo, mi accorgo che questo è stato il mio primo sguardo sul “metodo delle azioni fisiche” di Stanislavskij.

Da “Al Lavoro con Grotowski sulle azioni fisiche” di Thomas Richards, Ubulibri,  pagg 23-25

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