Odin Week
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Odin Week
novembre 2003 – appunti di Marco Galati
L’Odin Teatret di Eugenio Barba ha sede ad Holstebro in Danimarca. E’ qui che nel loro teatro nel pieno della campagna danese, periodicamente, vengono organizzati incontri di una settimana, Odin Week, sul loro modo di far teatro.
Quelli che presentiamo sono gli appunti dell’ Odin Week del Novembre 2003 redatti dall’amico Marco Galati . Gli appunti sono presentati senza correzioni o aggiunte e dunque non hanno la sistematicità di un capitolo di un libro, eppure presentano la freschezza della presa diretta. “Ascoltiamo” le parole di Eugenio Barba, gli esercizi e le considerazioni di Roberta Carreri, Julia Varley, Tage Larsen, Torgeir Wethal, Jan Ferslev & Iben Nagel Rasmussen
Per chi desiderasse maggiori informazioni sull’Odin Teatret www.odinteatret.dk
Ringraziamo Marco Galati per il permesso alla pubblicazione e ricordiamo di aver già pubblicato i suoi appunti su Università del Teatro Eurasiano X sessione, Scilla 2003
Buona Lettura
Odin Week novembre 2003
Eugenio Barba
Non si tengono insieme le persone di un gruppo per tanti anni con le regole scritte, ma si tengono insieme nel tempo grazie alle affinità reciproche. Un gruppo può stare insieme per anni e lavorare con profitto (artistico) grazie alle affinità reciproche indipendentemente dalle regole e dai contratti commerciali. C’è qualcosa di essenziale nel rimanere insieme. Le responsabilità e il lavoro possono tenere insieme oppure dividere un gruppo. Ci sono alcune figure che, tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 cambiano (in Europa) il modo di fare teatro: Craig, Artaud, Appia, Stanislavski.
Essi creano una struttura mentale, un abito mentale insieme alle tecniche personali di training fisico. Essi creano il teatro vivente, che vive, che si trasmette tra le persone come una forma di radiazione, di contagio virale. Per sopravvivere un gruppo di teatro deve avere due forte motivazioni:
a) una forza centripeta aggregante
b) un leader che individui le diverse capacità individuali e che riesce a stimolare tutti i componenti del gruppo a far crescere queste diverse capacità
Ognuno di noi può, con il suo lavoro, cambiare la storia e la politica del teatro.
A che serve il teatro? Cosa vogliamo farne del teatro? La mia risposta, se debbo tradurla in parole,è: è un’isola galleggiante, un’isola di libertà. Derisoria, perché è un granello di sabbia nel vortice della storia e non cambia il mondo. Sacra, perché cambia noi. Per alcuni di noi il teatro è stato un ponte.
Un ponte che si può costruire con metodo, secondo le migliori regole dell’architettura e dell’ingegneria, ma che non è fatto perché ci si fermi su di esso, come se fosse un traguardo.
Amo il teatro perché mi ripugnano le illusioni. Non credo che lo scontento,
questo spirito di ribellione che mi cavalca, possa alla fine acquietarsi.
Se lo scontento si acquietasse, del teatro non saprei più che farmene.
Ripetere, ripetere, ripetere.
L’azione, in teatro, è fatta per essere ripetuta, non per raggiungere uno scopo ed andare oltre. Ripetere significa resistere, opporre resistenza allo spirito del tempo, alle sue promesse e alle sue minacce. Solo dopo essere stata ripetuta e fissata, una partitura può cominciare a vivere.
Odin Week
Julia Varley
Le azioni, in scena, per essere vive e credibili, devono avere un grosso volume ma noi possiamo provare a ridurle e a vedere l’effetto che fa. L’allenamento sulla voce è molto personale.
Possiamo provare a cantare facendo delle azioni coordinate.
Provare a fare i versi degli animali e poi usare i suoni vocali emessi per dire i versi da recitare.
a) pretesto : le azioni eseguite in silenzio che non necessariamente diverranno poi quelle vere e
proprie che useremo con il testo
b) subtesto : espressioni del volto e del corpo, vengono date dalle azioni fisiche legate al testo; queste azioni vanno cercate mentre si studia a memoria il testo
c) testo : si esplorano regioni vocali diverse mentre si ripassa e si mette a punto il testo finale; prima improvvisazione poi fissazione della voce, del suono e del testo
d) contesto : contesto nel quale si svolgono le azioni e si recita il testo; in contesti diversi, lo stesso testo con le stesse azioni può cambiare molto e avere significati molto diversi tra loro sia fisici che emotivi
Con l’utilizzo della voce si può ingigantire o rimpicciolire il proprio corpo. Esistono due diverse partiture, una vocale ed una fisica, che vanno sapientemente combinate tra loro.
Lavoro con la voce usando un testo.
– recitare il testo camminando piano o veloce
– recitare il testo saltando, saltellando, correndo e ballando
– recitare il testo portando di peso un compagno in giro per la sala
– recitare il testo col metodo del pushing and pooling
(pushing: i due partner tengono le mani contro a palme completamente aperte; pooling: i due partner si tengono per la punta delle dita delle mani)
– recitare il testo col metodo del pushing and pooling ma senza realmente toccarsi e mantenendo gli stessi gesti e la loro intensità
– due persone stanno schiena contro schiena e i loro corpo reagiscono ad una terza persona che lavora con la voce (può usare un testo o anche un gergo inventato)
– riscaldamento voce: (lavoro singolo) stare in piedi in posizione neutra e con la mano andare in su ed in giù e cambiare di conseguenza i toni (acuti e gravi) e i volumi (alti e bassi)
– riscaldamento voce: (lavoro in coppia) prima vicini e poi lontani recitano dei testi variando volumi e tonalità; un partner muove una mano verso l’altro, dal ventre al petto, dal collo agli zigomi, dalla fronte alla testa, dalla nuca alle spalle, dalla schiena al pube, dalle cosce fino alle ginocchia e alle caviglie, e l’altro partner lavora di conseguenza adattando la voce ai movimenti eseguiti dal compagno
Un’azione in teatro deve essere reale e non realistica. Fare gli esercizi del training serve proprio a sviluppare la necessaria energia per la vitalità dell’azione. In un’azione che si sviluppa in più direzioni, l’equilibrio è sempre mantenuto da un baricentro nel proprio corpo, il peso del corpo si deve trasformare in energia.
Il sats è un’azione più o meno complessa. Un insieme di sats è una sequenza.
Ogni fase dell’esercizio impegna l’intero corpo. La transizione da una fase all’altra è un sats.
Ogni sats ha un inizio ed una fine precisa, ogni sequenza (insieme di sats) ha un inizio ed una fine precisa.
In un’azione è estremamente importante la precisione delle estremità (piedi, mani,occhi…) perché sono le frecce direzionali dei vettori (arti inferiori, superiori, testa) del nostro corpo, così come è di fondamentale importanza capire esattamente quando inizia e quando finisce un’azione (corpo immobile ma pieno di energia potenziale e poi corpo in movimento e poi di nuovo corpo fermo ma pronto a scattare in qualunque direzione per fare qualunque cosa).
Gli impulsi delle azioni creano altri impulsi e così via generando un movimento continuo.
– creare un’azione a partire da un quadro, da una fotografia; scegliere alcune immagini (posture) almeno quattro o cinque in modo da creare una sequenza di passaggi da un sats all’altro
– provare a lavorare sulle azioni facendo smorfie con la faccia
– ripetere le azioni della sequenza bendati
– associare la sequenza di sats ad una musica che si sceglie l’attore e provare ad inserire il testo basandosi o contrapponendosi al ritmo della musica, provare anche a cantare il testo perché possono nascere in questo modo associazioni mentali interessanti su come usare poi la voce nel testo parlato
– dare un titolo alla sequenza elaborata, presentarla e portarla in scena
Con i danzatori quando parli di azioni e di movimenti il coreografo fa un lavoro di riduzione, mentre con gli attori il regista fa invece un lavoro sul contenuto dell’informazione che il movimento e l’azione contiene. La musica (esattamente per come avviene per un danzatore anche se con modalità diverse) deve determinare la qualità e il ritmo dei movimenti e delle azioni di un attore.
La musica deve risuonare dentro il corpo dell’attore e diventare materia ed energia tramite la sua voce. Ad esempio, se dobbiamo leggere una lettera, scegliamo un brano musicale che ci sembra adatto e poi gli costruiamo sopra una specie di danza; quando poi si usa il testo si può ancora fare un lavoro di riduzione dei movimenti.
Odin Week
Roberta Carreri
a) entrata in scena
Tutto il gruppo di lavoro è piazzato in una fila orizzontale e poi, uno per volta si sposta in un punto nello spazio e finché non è fermo, non parte il successivo.
b) danza del serpente
Gli occhi sono importantissimi, la metà del lavoro di un attore in scena è data dagli occhi, dal suo sguardo. Inizialmente non muovere le gamba e le braccia ma solo il collo, la testa, la spina dorsale, il petto e il sedere. Il movimento del serpente va eseguito in tre azioni:
– bloccare tronco, bacino e arti
– bloccare la testa ed il collo
– fissare con gli occhi un punto preciso nello spazio e restare assolutamente immobili
Usando una musica adatta si può danzare dapprima solo con gli occhi, poi con la testa ed il collo, poi con il tronco ed il bacino, poi con le braccia, poi con le gambe restando però fermi sul posto, ed infine lasciarsi completamente andare con tutto il corpo nello spazio scenico a disposizione, immettere nell’esercizio successivi “stop” and “go”. Quando si è in “stop” il corpo deve conservare intatta al suo interno l’energia e la tensione che aveva durante il movimento in scena; il corpo è fermo ma è come se emettesse delle vibrazioni intorno.
c) camminata e saltelli
Eseguire dapprima la camminata neutra, poi farla saltellando (da in piedi o in ginocchio), in avanti, indietro o di lato cercando in continuazione di perdere l’equilibrio per poi ritrovarlo e via così…
Fare movimenti molto ampi basati sulla torsione del corpo intorno ad un fulcro centrale fisso, nella continua ricerca di equilibrio in base a dei movimenti contrapposti (ad esempio: gamba in avanti e testa indietro)
d) voce
Stare a terra sdraiati sulla schiena, gambe piegate con i piedi a terra, ruotare sul lato destro e poi sul sinistro con le gambe aventi un angolo tipo “sedia” e con le braccia stese a terra contrapposte, poi il braccio opposto alle gambe fa un ampio cerchio e si ricongiunge con l’altro. Durante tale movimento si trattiene il respiro che poi si emette alla fine quando le dita delle due mani si toccano.
Nella posizione centrale sdraiata lavorare con la voce usando diverse casse di risonanza (bocca, naso, fronte, testa, addome). Poi lavorare con gli stessi risuonatori in posizione neutra (in piedi) pensando che la voce debba andare ad una distanza di 20 cm, 1 m, 5 m, 100 m, 1 km, e pensando inoltre che la voce venga emessa in una giornata di sole, o di pioggia, o di neve, o di vento. Ripetere infine con queste modalità un testo senza farlo diventare meccanico.
Pensare alla voce che fa un viaggio come fosse una goccia d’acqua che sgorga dalla roccia e poi inizia il suo viaggio verso il mare diventando prima un piccolissimo rivolo d’acqua, poi un ruscello, un torrente e infine un fiume sempre più grande che arriva fino al suo delta e poi una volta nel mare evapora in una splendida giornata di sole, torna ad essere goccia che cade sulla roccia in montagna e via con un nuovo ciclo vocale.
Il gruppo di lavoro crea un cerchio: Si muovono le mani in avanti, indietro, su, giù, in tutte le direzioni, con la voce che accompagna i gesti, poi provare ad usare il testo. Provare a fare scale tonali con suoni tipo “poohh” che parte in tonalità acuta e poi scende giù in suono grave (basso) e altri suoni ancora…
e) presenza scenica
I giovani attori dell’Odin cominciano sempre con l’acrobatica in modo da sviluppare la presenza scenica contemporanea di mente e corpo. Lavorare lentamente serve per avere a che fare con una situazione extra-quotidiana di lavoro, riuscire con il proprio corpo centimetro dopo centimetro a giocare con la forza di gravità e la ricerca del proprio equilibrio psico-fisico. L’equilibrio è il risultato dinamico di (almeno) due forze contrapposte per verso, direzione ed intensità.
– creare linee di energia diverse (occhi, braccia, gambe, testa che puntano in direzioni diverse)
– scomposizione dei movimenti del corpo
– introversione ed estroversione del corpo (dialogo delle diverse parti del corpo in “open-close”)
(ad esempio: un braccio in “open” e l’altro in “close” e così via con cambi continui)
– lanciare oggetti in diverse direzioni (camminando, correndo, danzando) in maniera soft ed aggressiva (fare azioni più piccole possibili ed azioni più grandi possibili)
– effettuare movimenti per segmentazione (segmento dopo segmento, frammento dopo frammento)
– improvvisare un esercizio con un oggetto (ad esempio: un bastone da passeggio) in una specie di gioiosa pantomima e poi creare una storia fatta di azioni (prima) e di parole (poi)
– creare delle sequenze, memorizzarle, recitarle, farle vedere al regista che fa i necessari tagli ed esegue il montaggio creando una nuova scena
– creare azioni da quadri, dipinti, fotografie; creare posture e movimenti e poi fissarle e recitarle cantando una canzone
– lavorare con il corpo sulle note di musiche diverse e stare a vedere cosa succede, prendere appunti e provare a variare e a fissare azioni in sequenza
Quando si guarda un attore in scena si guardano tutti i movimenti del suo corpo ma fondamentalmente veniamo catturati dalla sua voce e dai suoi occhi (e da cosa esprimono).
Un esercizio è una forma fisica data in maniera precisa ad un movimento del corpo che viene ripetuto più volte ed infine fissato. Le azioni degli attori devono essere credibili ma non prevedibili (come spesso capita anche nella vita normale).
Amo le parole. Le parole possono renderti felice. Le parole possono ucciderti. Odio le parole.
Le parole possono diventare un circolo vizioso che non ti porta da nessuna parte.
Il futuro è sempre il risultato di quello che fai ora, adesso…
Un guerriero vive sempre con la morte seduta sulle sue spalle, un attore vive sempre con la necessità di esprimere qualcosa.
Nelle mie performances, in genere parto dal testo, poi cerco le azioni in modo che illustrino e commentino il testo, infine aggiungo la musica ad integrare il tutto. Durante le varie fasi del montaggio delle mie performances provo sempre a trovare dei cambiamenti (di tono della voce, di intensità dei movimenti) che mi sorprendano per come giungano inattese e per l’effetto che creano all’interno della performance. E’ impossibile per separare il senso danzante dall’atto della recitazione quando sono in scena. Io danzo quando recito e recito quando danzo.
Odin Week
Jan Ferslev & Iben Nagel Rasmussen
Camminare contro delle forze opposte.
Ad esempio delle fasce di stoffa poggiate contro il petto, la testa, l’addome, le cosce, le caviglie, il sedere. Restare sempre fluidi ed in equilibrio nella camminata, prima adagio poi più svelti.
Il partner che tiene la striscia di stoffa deve fare opposizione con giudizio e cioè non essere troppo fiacco nel mantenere la forza in opposizione né troppo rigido impedendo al compagno la possibilità di eseguire i suoi movimenti con scioltezza.
Creare tre singole azioni e svolgerle con la camminata creando inoltre opposizione tra il puntamento (focus visivo) e la direzione dell’azione. Creare cambi di velocità, di direzione della camminata, di intensità dell’azione, combinare le tre diverse azioni e formare una sequenza e poi inserire il testo.
Usare la stoffa come una corda e trovare tre modi di tirare la corda e saggiare il feeling della coppia nell’azione e reazione. Trovare tre modi di opporsi l’uno all’altro e poi tre modi di abbracciarsi. Costruire una sequenza su queste azioni combinate prima usando realmente il pezzo di stoffa (o corda) e toccandosi veramente poi ripeterle stando vicinissimi ma senza più contatto.
Lavorare al 100 %, al 50 %, al 10 % del volume e dell’intensità dell’azione.
Provare a toccarsi con la punta del piede sul petto (sopra lo sterno) e fare la lotta con il bastone (sopra la testa, sotto i piedi). Questi esercizi servono a creare fiducia reciproca nei compagni.
Pur essendo realmente una lotta, una aggressione energica che prevede azione e reazione (difensiva) creano forti legami fisici nel gruppo.
Unire alle 9 azioni di Iben (3 modi di tirare la corda, 3 modi di opporsi o spingersi, 3 modi di abbracciarsi) il modo di camminare (avanti, indietro e di lato) di Roberta (danza del serpente).
Si può lavorare nel training con forme molto diverse di energia (lenta, forte, resistente, veloce, intensa, sognante, aggressiva). Dobbiamo inoltre ricordarci dell’uso sempre attivo degli occhi quando siamo in scena. Bisogna infine trovare una fortissima relazione (correlazione) tra la danza (azioni e movimenti), la musica (il ritmo ed il tempo), e il teatro (voce recitante, storia, narrazione).
Torgeir Wethal
Lavoro progressivo con le sedie.
Disporre le sedie in sala e il gruppo si siede normalmente, camminando normalmente.
Poi cammina con un punto di tensione come se uno spago immaginario fosse teso su una parte precisa del corpo.
Poi fa delle pause (“stop”), si guarda attorno e va (“go”).
Poi accenna dei movimenti chiari per intenzione ed energia del movimento.
Poi prova a sedersi usando sempre almeno due direzioni opposte di tensione (ad esempio: paura con il sedere di sedersi e voglia con la testa di alzarsi).
Il lavoro di improvvisazione di un attore ha un problema: dopo un po’ di anni che crea e fissa azioni si costruisce involontariamente dei cliches fisici e mentali contro cui deve lottare, aiutato dalla pratica del training che dovrebbe suggerire sempre nuovi cambiamenti di stile.
Che cos’è la “presenza” nell’azione fisica?
La presenza scenica è energia, forza e convinzione delle proprie azioni e di ciò che si dice.
La narrazione e la dinamica delle situazioni fisiche e dei movimenti dovrebbero essere due cose indipendenti anche se estremamente correlate tra loro; l’una dovrebbe poter esistere senza l’altra.
C’è infine una terza cosa: la situazione “evocativa” che deriva dalle altre due e non può esistere senza che esista almeno una delle altre due situazioni (narrativa e dinamica).
La sua funzione è quella di dare un grande valore aggiunto (per qualità ed intensità) alle prime due situazioni, ciò accade naturalmente quando la situazione evocativa funziona in maniera adeguata.
Molto spesso capita durante le prove di uno spettacolo di arrivare ad un passaggio tecnico che prevede di associare l’aspetto emotivo dell’azione fisica al testo, cioè bisogna riuscire a correlare tra loro queste tre diverse funzioni (dinamica, narrativa ed evocativa).
Se ci si trova in difficoltà (e ciò capita molto spesso per non dire quasi sempre) possiamo provare ad usare allora frammenti provenienti dal nostro lavoro di training. Si cercano soluzioni diverse, si provano più volte, si discutono con il regista che può decidere di sceglierne una coerente con tutto il lavoro di prova già fatto fino a quel punto. L’attore deve sedurre lo spettatore, la tecnica di montaggio del regista deve sedurre lo spettatore, ogni singola componente dello spettacolo deve sedurre lo spettatore.
I danzatori prendono (assumono) le loro forme fisiche dalla tradizione o dalle direttive dei coreografi; gli attori, in genere, trovano le loro azioni e i loro movimenti da soli durante il training.
Il teatro è fatto anche dalle relazioni che si instaurano tra le azioni e le reazioni; nel ritmo e nell’intensità del training le azioni arrivano a me e prendono una forma definita.
La danza è una sorta di metafora ed è molto codificata tramite l’uso di posture convenzionali,
la recitazione tende ad essere verosimile cioè simile alla realtà.
Julia Varley & Tage Larsen
Lavoro in coppia con azioni improvvisate.
Un partner è fermo in posizione neutra, l’altro gli tocca una qualunque parte del corpo e da lì inizia l’improvvisazione. La parte del corpo toccata è il centro fisico, nervoso, psicologico dell’improvvisazione. Provare a scambiare i ruoli. Durante l’improvvisazione l’attore in movimento tocca una parte del corpo del suo partner che comincia a sua volta l’improvvisazione, mentre lui si ferma ad osservarlo. Tutto ciò viene ripetuto alcune volte dopodiché entrambi lavorano contemporaneamente ma in modo indipendente per ricreare una parte delle azioni improvvisate prima. Poi si mettono a lavorare insieme, in reciproca relazione, creando sequenze di azioni-reazioni, dapprima molto libere poi sempre più fissate ed infine si aggiunge il testo. Anche ora che si è inserito il testo, l’improvvisazione combinata (testo + azioni) resta dinamica, in continuo cambiamento e allo stesso tempo si dirige verso forme sempre più definite, precise e fissate.
Lavoro in singolo sul testo (da fermi senza azioni) provando a immaginarsi situazioni diverse.
– pensare di essere una bottiglia di champagne, le bollicine si formano all’interno sempre più numerose e più dinamiche, salgono lungo la bottiglia, si aggregano, si concentrano, creano una pressione sempre maggiore e infine escono tutte insieme dal tappo come un’esplosione, il tappo salta via e lo champagne vola nell’aria per tutta la stanza
– pensare di essere una bara che viene messa sotto terra in una buca molto profonda e la terra viene gettata sopra e man mano la buca si riempie di terra e voi da dentro sentite i rumore sempre più deboli, l’aria sempre più rarefatta, il tempo si sta fermando per voi, per sempre…
– gli attori creino delle proprie immagini con le quali lavorare con la voce; trovare due situazioni, due contesti diversi tra loro e tendenzialmente opposti sia come situazione fisica che emotiva
– le azioni trovate con l’improvvisazione fisica sono sempre, in genere, poco reali, quando poi si lavora con la voce si può col tempo trasformarle, ridurle, ricondurle a situazioni più concrete e reali ma devono sempre mantenere al loro interno tutto lo spazio, l’energia, il dinamismo originario tutta la forma cioè dell’origine
– provare a dire il proprio testo ridendo, piangendo, urlando, bisbigliando, ubriaco, febbricitante e così via…
– scegliere infine quali suggestioni emotive tenere per recitare il proprio testo usando una parte del materiale elaborato da tutto il lavoro di improvvisazione singola ed in coppia fin qui sviluppato; una volta deciso cosa usare provare ancora a variare e giocare sopra sul materiale che si sta creando nell’improvvisazione combinata (testo + azioni + contesto emotivo) prima di provare a fissare la performances finale
Roberta Carreri & Torgeir Wethal
Come si può usare il lavoro del training individuale per mettere in scena dei dialoghi di testi tradizionali? Prima di elencare alcuni appunti in proposito vi ricordiamo che questo lavoro sul dialogo va fatto tra gli attori preliminarmente agli incontri con il regista.
a) lettura neutra a volume medio-basso
b) i due attori provano le azioni senza usare il testo
c) mettono insieme testo e azioni, provando diverse possibilità di esecuzione; è un lavoro di fine artigianato che deve cercare piccole azioni usando alcuni oggetti importanti per abbinarli alle singole parole, alle frasi, ai periodi, alle sequenze narrative del testo
d) effettuare questo lavoro prima possibile con gli oggetti ed i costumi giusti
e) usare parole diverse per azioni diverse ma che siano organiche, coerenti, logiche, anche se alle volte può funzionare di più una contrapposizione
f) quando i due attori sono pronti (testo + azioni) cominciano a lavorare in scena ma non insieme, ognuno per conto suo, pur rispettando i vari passaggi del testo, provano a cambiare posizione e ad invertire le loro posizioni in scena (dx e sx, avanti e indietro, di fronte o di spalle, seduti o in piedi, fermi o camminando)
g) infine incrociano le loro azioni e lavorano in relazione reciproca
h) usare la voce in contesti diversi; ad esempio provare ad immaginare che nella stanza a fianco ci sono dei bambini che non vogliono svegliare, oppure parlano forte perché vogliano che tutti i vicini sentano, oppure sono in chiesa ad un funerale, o sono su una spiaggia mentre c’è un temporale
i) le scene non devono crescere solo durante le prove ma devono continuare a crescere dentro di noi; devono fare i conti con la nostre coscienza che prende coscienza di ciò che facciamo in scena
Augusto Omolu
(Passi di danza di capoera.)
a) creare un triangolo con le gambe ben piantate a terra, leggermente flesse poi portare dietro la
gamba dx e toccare il vertice del triangolo, poi la gamba sx e toccare il vertice del triangolo
b) le braccia sono protese in avanti in difesa del corpo, poi passo indietro e ci si piega sulle gambe, una dietro e una mano a terra, poi ci si alza e si solleva una gamba sopra la testa del compagno
c) due file contrapposte e sfasate e si passa man mano davanti a tutti piantando lo sguardo negli occhi dei compagni (occhi in focus come nella “danza del serpente” di Roberta)
d) in cerchio due persone improvvisano passi di capoera e anche capriole ed acrobazie varie
Tage Larsen
Esercizi di biomeccanica.
a) camminare in cerchio, una persona fa un’azione (qualunque) che viene ripetuta da chi lo segue e così via; poi inserire anche dei suoni, chi fa l’azione passa il “testimone” alla persona che lo segue con un gesto; questo esercizio può essere fatto all’inizio del training con movimenti di stretching per sciogliere e riscaldare i muscoli; sempre in cerchio si mettono le spalle dei due compagni che ci stanno di fianco e si canticchia un vocalizzo a bocca chiusa, poi uno può staccarsi ed accennare dei passi di danza piccoli e precisi e si possono formare dei gruppi che man mano si sciolgono per formarne liberamente degli altri e così via…
b) una persona ben salda sulle gambe; una gamba indietro e l’altra piegata come per una genuflessione, il partner poggia un piede sulla coscia e oscilla al ritmo imposto da chi è piegato che poi ad un certo punto lo lancia via
c) ci si mette dietro il partner, gli si infilano le braccia sotto le spalle e lo si tira giù (all’indietro) con lui che resta rigido e poi lo si riporta su e lo si lancia
d) si offre il petto al compagno stando piegati sulle gambe e si oscilla, poi ad un certo punto lo si lancia via
e) si incrocia un piede con il partner formando un angolo retto e si oscilla per tre volte, poi si lancia via il piede del compagno e contemporaneamente lo si prende per mano facendo un girotondo
f) si sta di fronte e un partner salta addosso all’altro che gli cinge la schiena mentre chi salta si tiene abbracciato forte alla testa del compagno, si oscilla portando più giù possibile il compagno che si ha in braccio e poi lo si lancia via in alto e lo si saluta con un inchino
g) gli esercizi si possono fare prima a coppie e poi in gruppo muovendosi nello spazio a disposizione e invitando il compagno che incrociamo con un gesto deciso sulla parte del corpo che vogliamo usare per l’esercizio scelto; ad esempio: coscia (esercizio b), spalle (esercizio c), petto (esercizio d), piede (esercizio e), fianchi (esercizio f)