BARBA SAVARESE: I Cinque Continenti del Teatro
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2948 iscritti / anno XVII, n ° 89 – 2/2018
Eugenio Barba, Nicola Savarese: I Cinque Continenti del Teatro
Fatti e leggende della cultura materiale dell’attore
Edizionidipagina, Bari (Italy) 2017, euro 45,00 – Proventi devoluti ad Amnesty International
“Caro lettore, vorrei qui raccontarti come è nata l’idea di questo libro perché l’origine, come sai, è nello stesso tempo l’inizio e il fondamento…”
E’ l’incipit di questo ampio ed entusiasmante viaggio/libro che Eugenio Barba e Nicola Savarese pubblicano dopo 20 anni di lavoro.
Siamo lieti di presentare il volume riportando una parte della premessa del Prof. Nicola Savarese.
Ringraziamo Eugenio Barba per avercene inviato una graditissima copia.
«Da dove vengo? Chi sono? Dove vado? Per rispondere a queste domande dobbiamo rivedere da un’altra prospettiva le innumerevoli forme, esperienze, reperti e misteri che la storia della nostra professione ci tramanda. È l’unico modo di costruirci una bussola personale per attraversare i cinque continenti del nostro mestiere: quando, dove, come, per chi e perché si fa teatro» (Eugenio Barba).
I due autori de “L’arte segreta dell’attore” completano la loro ricerca sui presupposti dello spettacolo indagando, in questo libro, le tecniche ausiliarie che, nella loro varietà e materialità, riguardano: le diverse circostanze e i tempi che generano gli spettacoli teatrali; gli aspetti economici e organizzativi; le informazioni da dare al pubblico; gli spazi dello spettacolo e quelli degli spettatori; l’illuminazione, l’acustica, la scenografia, il trucco, il costume e gli accessori; il rapporto che si stabilisce tra attore e spettatore; il modo di viaggiare degli attori e persino degli spettatori. Si tratta della cultura materiale dell’attore organizzata intorno alla doppia spirale di tecniche del corpo-mente e tecniche ausiliarie.
Presentazione video https://youtu.be/ByopziBXMGc
Eugenio Barba, Nicola Savarese: I Cinque Continenti del Teatro
Fatti e leggende della cultura materiale dell’attore
Edizionidipagina, Bari (Italy) 2017, euro 45,00 – Proventi devoluti ad Amnesty International
Siamo lieti di presentare il volume riportando una parte della premessa del Prof. Nicola Savarese.
Premessa
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Al lettore
Caro lettore, vorrei qui raccontarti come è nata l’idea di questo libro perché l’origine, come sai, è nello stesso tempo l’inizio e il fondamento.
Alla fine del secolo scorso, in uno dei tanti incontri con Eugenio Barba, discutendo sulle ricerche fatte e quelle da fare, eravamo sorpresi dal fatto che il nostro libro L’arte segreta dell’attore. Un dizionario di antropologia teatrale – pubblicato per la prima volta nel 1983 – continuasse ad avere edizioni e traduzioni in varie lingue. Probabilmente la sua formula semplice dove testi e figure hanno la stessa importanza, con continuo rinvio dagli uni alle altre, si era dimostrata efficace: le illustrazioni entravano da protagoniste per sostenere un nuovo campo di studi, l’antropologia teatrale ideata da Eugenio.
Ebbi un impulso, quasi per gioco: perché non replicare con un altro libro della premiata ditta Barba-Savarese? Se avevo collaborato come storico del teatro all’antropologia teatrale, ora chiedevo a Eugenio la sua partecipazione sul versante della Storia, con un libro che immaginavamo complementare al precedente. Poiché in un grande firmamento di idee è sempre meglio avere la stella polare di un titolo, proposi L’età d’oro del teatro perché avevo letto che le mostre d’arte con la parola “oro” nel titolo avevano sempre grande attrattiva sul pubblico: Gli ori di Taranto, Gli ori di Venezia, Gli ori dei cavalieri delle steppe. Con Eugenio si può giocare e ridere, ma sempre sul filo del rasoio. Anche se l’impostazione del libro era tutta da decidere, mi rispose che era una buona idea e mi propose che gli argomenti vertessero sulle tecniche degli attori mai abbastanza studiate.
Al lavoro – Nel 1996 alcuni studiosi, tutti italiani – Eugenia Casini Ropa, Marco De Marinis, Clelia Falletti, Bruna Filippi, Piero Giacchè, Laura Mariani, Claudio meldolesi, Franco Ruffini, Mirella Schino e Ferdinando Taviani – parteciparono a una prima discussione sul nostro futuro durante una sessione dell’Università del Teatro Eurasiano organizzata a Scilla dal gruppo teatrale Proskenion di Claudio La camera. Questi incontri progettati da Barba erano simili a quelli dell’ISTA (International School of Theatre Anthropology): una “scuola dello sguardo” ridotta nel numero dei partecipanti, non più di una cinquantina, provenienti da diverse culture teatrali. Si creava un ambiente temporaneo, un villaggio di attori, artisti e studiosi con la stessa curiosità di approfondire la conoscenza della propria tecnica e di confrontarsi con quella degli altri, condividendo domande, ricerche comparative e dimostrazioni tecniche.
Gli studiosi dichiararono la propria generale disponibilità a partecipare all’impresa di un nuovo libro, riempirono formulari e fecero proposte. Si affacciò l’idea di una storia del teatro che partisse dal presente per risalire nel passato con al centro gli attori e le loro tecniche. Avrebbero avuto voce anche le ricerche degli studiosi raccolti nella rivista Teatro e storia. Il titolo del futuro libro ebbe molte metamorfosi: L’età d’oro del teatro, Atlante delle tecniche d’attore, Una storia dell’artigianato teatrale. Come accade in questi casi, pensare in grande non è male ma il progetto era diventato spropositato. Too much. Personalmente ero molto preoccupato di come suddividere in argomenti il database di diecimila immagini che avevo raccolto.
Con il tempo gli studiosi furono assorbiti da altri compiti. Marco De Marinis, confidando nel progetto, si avventurò a scrivere persino Il teatro dopo l’età d’oro. Alla fine rimanemmo soltanto Eugenio ed io: Bouvard e Pécuchet, due “giardinieri” che si dedicarono a coltivare questo libro-giardino. Abbiamo impiegato esattamente vent’anni per portarlo a termine, sempre ritagliando il tempo fra le molte attività. Siamo i responsabili del suo titolo finale con relativo passaggio dall’antropologia teatrale alla cultura materiale dell’attore. Compagni vecchi e nuovi ci lasciarono brani che avevano iniziato a scrivere. Altri li abbiamo richiesti. Eravamo tuttavia ancora un po’ sperduti. Sfogliavamo libri di storia del teatro ma più che altro li mettevamo da parte, come esempi da non imitare. Intanto guardavamo immagini, facevamo commenti e scrivevamo appunti. Tra un incontro e l’altro passava del tempopercé entrambi avevamo una professione da rispettare – Eugenio con gli impegni del suo Odin Teatret, io con quelli universitari. Ogni volta occorreva iniziare quasi da capo.
Un giorno Eugenio disse: “Nicò, occorre partire da qualcosa di concreto. Cominciamo dalle cinque W degli inglesi – Who? What? When? Where? e Why? – e vediamo cosa succede”. Considerate da alcuni la regola d’oro del giornalismo anglosassone, da altri un semplice promemoria per non dimenticare le domande essenziali da porsi su ogni argomento, questi cinque interrogativi, con illustri precedenti nella retorica di Cicerone, Quintiliano e san Tommaso d’Aquino, avevano il pregio di essere brevi e diretti, e soprattutto impertinenti come le domande dei bambini. Rudyard Kipling li aveva immortalati appunto in una filastrocca infantile:
Ho sei onesti aiutanti
(mi hanno insegnato tutto quello che so)
I loro nomi sono Che cosa e Perché e Quando
e Come e Dove e Chi.
(Just So Stories for Little Children, 1902)
Queste domande furono subito assunte come una traccia forse da abbandonare forse no, ma le adattammo all’argomento teatro: Quando, Dove, Come, Per chi e Perché si fa teatro. E alla fine sono rimaste.
Grazie a loro si fece strada un modo di comporre il libro che assomigliava molto, secondo Eugenio, alla preparazione di un suo spettacolo: facevamo delle improvvisazioni su un termine tecnico, su un aspetto della routine quotidiana dell’attore, su un particolare oggetto di scena; queste improvvisazioni provocavano idee e accostamenti che fissavamo in pagine di figure o di testi; via via le raffinavamo, alcune erano scartate, altre si ripresentavano e aumentavano di volume, sempre in una sequenza di montaggi in continuo cambiamento. Alcuni esempi di queste improvvisazioni si trovano nel Capitolo 6.
Per vari anni ci dedicammo a comporre un libro sulla storia del teatro cercando il modo di raccontarla attraverso le tecniche degli attori. Ci era chiaro, però, che bisognava riprendere il discorso da dove era iniziato: l’antropologia teatrale.