Georges Feydeau: il Vaudeville
Georges Feydeau: maestro del Vaudeville. Il suo teatro si inserisce nella grande tradizione dei suoi predecessori: Moliere e Beaumarchais
Georges FEYDEAU: il vaudeville
(Parigi 1862 – Reuil 1921)
IN QUESTA PAGINA Biografia – Jean Cocteau racconta – Il Vaudeville – Vari tipi di Comicità – Il Tacchino: il copione e la nostra elaborazione – Il Tacchino, analisi linguistica
FEYDEAU: NOTA BIOGRAFICA
Issu d’une vieille famille noble, les Feydeau de Marville, Georges est le fils d’Ernest Feydeau, coulissier en bourse et écrivain, et d’une belle polonaise, Léocadia Zelewska, qui à l’époque de son mariage était la maîtresse du Duc de Morny.
Georges Feydeau Auteur dramatique français.
Son théâtre s’inscrit dans la grande tradition de la farce engendrée par ses prédécesseurs Molière et Beaumarchais.
Il amalgame la peinture de la société à la fin du siècle dernier aux mécanismes du comique réglés comme un mouvement d’horlogerie. De cette combinaison jaillit, sur un rythme endiablé, un mouvement perpétuel de situations cocasses, de péripéties proches parfois de l’absurde qui déclenchent une avalanche de rires. «Je suis pétrifié d’admiration devant le mathématicien, l’horloger, l’ingénieur, le thaumaturge, le démiurge, qui invente, rêve, combine, construit, remonte, fait marcher imperturbablement, et impeccablement une machine aussi compliquée, aussi miraculeuse, aussi parfaite, sans que s’affole un seul rouage, sans que saute un seul ressort.» Jean Richepin (contemporain de Georges Feydeau).
Le regard que porte Feydeau sur les moeurs de son temps, les relations homme femme, l’argent, la politique ne cède jamais à la vulgarité. Il lui préfère l’humour et la finesse de l’esprit.
Après avoir conquis un vaste public à son époque, cent ans plus tard, le théâtre de Feydeau est toujours aussi populaire.
Parmi ses oeuvres les plus connues, citons entre autres: Monsieur chasse, Un fil à la patte, Le Dindon, La Puce à l’oreille, Occupe-toi d’Amélie.
Jean Cocteau racconta:
“quando ero molto giovane e rientravo a casa, mi capitava di fermarmi alla terrazza di Maxim dove venivo attratto da uno strano uomo. Era Feydeau.
Distinto, il colletto del soprabito sollevato, la bombetta calata su un viso piccolissimo, gli occhi semichiusi fino ad essere fessure, i baffi corti, portava lentamente alla sua bocca sinuosa un sigaro enorme.
Lo accompagnavo spesso fino al chiosco del giornalaio della stazione Saint Lazare, con il quale conversava fino all’alba.
Feydeau non parlava mai del suo teatro, componeva di nascosto, come un vizio.
Il teatro era il suo “vizio”.
E in esso riversava la sua umanità e la sua fantasia più folle.
A suo figlio Michel, Feydeau scriveva: “Se vuoi far ridere, prendi dei personaggi qualunque, mettili in una situazione drammatica e procura di osservarli da un’angolazione comica”.
Spesso non sono infatti i suoi personaggi ad essere strani, ma lo sono le situazioni nelle quali essi si ritrovano.
E i meccanismi con i quali le costruisce sono impeccabili, ingegnosi, perfetti.
Jean Poiret, suo degno erede, mentre allestiva un’opera di feydeau stesso, dichiarava: “quello che stiamo facendo non è serio… ma bisogna farlo con molta serietà”; infatti nulla va sottovalutato in quest’autore: nessuna parola, nessun accenno, nessuna intenzione, neppure le indicazioni che egli dà sulla messa in scena: esse si moltiplicano, incalzanti e non senza influenza sui dialoghi; dialoghi serrati, senza sbavature, in cui tutto il superfluo è stato eliminato e che suggeriscono quel ritmo “stretto” di recitazione che contribuisce a far nascere il riso.
E in questa commedia di esilaranti malintesi, di vertiginosi colpi di scena e di deliziose situazioni comiche, Feydeau ha dato certamente libero sfogo al suo “vizio” del teatro, alla sua immaginazione, alla sua geniale, travolgente capacità di far ridere.
“Chat en poche” (il gatto in tasca)
è il secondo vaudeville di feydeau, scritto a ventisei anni e rappresentato per la prima volta a Parigi nel 1888.
Nella loro casa di campagna, monsieur Pacarel e la moglie Lisette ospitano due amici di famiglia: il dottor Catastrophe e la consorte Amandine.
Monsieur Pacarel, incolto quanto simpatico padrone di casa, arricchitosi con la fabbricazione di zucchero per diabetici, si pone in mente di dare lustro alla famiglia facendo rappresentare, al famoso teatro dell’Opéra di Parigi, un “Faust” che la moglie, sedicente attrice, ha scritto da poco.
Per fare ciò, Monsieur Pacarel pensa a un fantasioso ricatto: poiché il Teatro dell’Opéra sta cercando di scritturare il tenore più famoso del momento, egli intende anticipare questa mossa, ingaggiando personalmente l’artista.
Sarà in cambio di quest’ultimo che chiederà all’Opéra di rappresentare l’opera della moglie.
Ma non si deve mai comprare a scatola chiusa (“Le chat en poche”, titolo originale, significa appunto: a scatola chiusa):ad arrivare, infatti, in casa Pacarel, per una serie di incredibili equivoci, sarà tutt’altro che un tenore, bensì un giovanotto che porterà grande scompiglio, anche sentimentale, sia nella famiglia Pacarel che in quella di Catastrophe.
Nel susseguirsi di dialoghi serrati, di esilaranti malintesi, di vertiginosi colpi di scena e di deliziose situazioni comiche, costruite con la consueta precisione del matematico, si rivela il genio di Feydeau.
FEYDEAU: Il genere – Il Vaudeville
“Il Tacchino” è uno dei Vaudeville più fortunati di Georges Feydeau e fa parte della stagione che potremmo definire tardo Vaudeville ed in cui i canoni distintivi del genere si erano andati, col tempo, naturalmente modificando e maliziosamente sottraendosi a quello spirito originario, nato dall’humus popolare, fatto di satiriche, licenziose e goliardiche miscellanee che i poeti vagabondi cantavano, adattandole ad arie note, per accompagnare i più noti avvenimenti pubblici.
In questa fase di evoluzione nel Vaudeville si fanno più complicati i meccanismi di elaborazione, le vicende non sono più lineari, l’intrigo si arruffa in un labirinto in cui è necessario l’abilità di un prestigiatore per districare la matassa e, attraverso un gioco logico da rompicapo, condurre l’intreccio a conclusione.
Questo processo, che tende all’astrazione, raggiungerà il suo culmine con Feydeau in cui acquistano una portata decisiva i processi di costruzione, il palcoscenico diventa una palestra in cui burattinai provetti esibiscono la loro acrobazie, il testo diventa un delicato meccanismo d’orologio in cui ogni particolare è un particolare dell’edificio, una carta in un castello di carte, un momento del teorema. Feydeau chiude lo spettacolo in meccanismi ferrei, il “suo universo è maniacale e la sua una tragedia di segno opposto:” da una parte inventa perfette macchine teatrali, dall’altra inserisce i suoi personaggi in una situazione assolutamente vera e naturalistica.
FEYDEAU: Distinzione tra i vari tipi di comicità
La comicità dei gesti e dei movimenti è una condizione essenziale per Georges Feydeau; rientrano in questa categoria le fughe, gli inseguimenti, le cadute, i gesti maldestri, la confusione creata da più personaggi che parlano contemporaneamente, le pantomime, la mimica e soprattutto le innumerevoli entrate e uscite di scena. Si tratta dunque di una comicità visiva che non richiede un particolare sforzo da parte dello spettatore per essere recepita.
La comicità delle forme
riguarda invece i travestimenti, gli oggetti che assumono una funzione diversa da quella originaria (come ad esempio i campanelli elettrici infilati sotto il materasso) e i difetti fisici (la sordità di Mme Pinchard, la spossatezza sessuale di Rédillon ecc.).
La comicità di situazione permette all’autore di dare libero sfogo al suo virtuosismo; appartengono a questo ambito gli incontri inaspettati, le reazioni impreviste, i malintesi, gli inganni e i capovolgimenti (come gli avvenimenti che si ritorcono contro lo stesso personaggio che li ha determinati).
La comicità di linguaggio,
punto di forza di Feydeau, viene messa in risalto in particolar modo dai nomi che l’autore attribuisce ai suoi personaggi e che di per se stessi servono a descriverli. Oltre a ciò ci sono i doppi sensi, le ripetizioni, le iperboli, il lirismo ridicolo e le espressioni utilizzate in senso figurato che l’interlocutore interpreta in senso letterale.
La comicità delle idee necessita da parte dello spettatore il possesso di una certa cultura che ne permetta la comprensione. Tale comicità si nutre infatti di anacronismi, pastiche, parodie, allusioni storiche e letterarie, ironia e inversione dei valori.
La comicità di carattere
infine è strettamente collegata alla psicologia dei personaggi e ne svela la vera mentalità; si hanno dunque i comportamenti assurdi, i contrasti tra l’essere e l’apparire e la logica paradossale
La distinzione tra i vari tipi di comicità in Feydeau è uno stralcio del saggio breve è stato pubblicato per la prima volta sulla testata giornalistica online Fucine Mute il 05 ottobre 2011. L’autore è Annamaria Martinolli. Ne è vietata la riproduzione senza espressa autorizzazione dell’autore. Ringraziamo Fucine Mute per il permesso alla pubblicazione.