Ballata vecchio marinaio
La Ballata del Vecchio Marinaio (1798)
di S.T. COLERIDGE
Come una nave, avendo oltrepassato l’equatore, venga spinta dalle tempeste nella regione fredda in direzione del Polo Sud; e come da là si diresse verso le latitudini tropicali del vasto Oceano Pacifico; e dei singolari eventi che si verificarono; e in qual modo il vecchio marinaio fece ritorno in patria.
Questa la vicenda
Come in tutte le grandi opere dell’umanità anche nella Ballata è in atto una fusione perfetta di immagine e pensiero. Non si ha certo la sensazione di trovarsi di fronte a pallide allegorie, una simbologia esangue ed astratta incapace di conquistarsi quella volontaria sospensione dell’incredulità sul momento, che costituisce la fede poetica. Al contrario è impossibile, sempre e di nuovo, resistere al rapimento della storia, con la sua topografia incalzante, le vicende commoventi e terribili, l’iridescente cascata di colori…
Non abbiamo osato intaccare un testo perfetto, ci siamo limitati a qualche limatura legata al nostro modo di far teatro: la lunghezza del testo funzione dell’azione fisica dell’attore.
Sette le parti del poema, sette gli attori. Ogni attore era il Vecchio Marinaio, tutti gli attori erano il Vecchio Marinaio.
Siamo partiti dal Samsara, l’eterna ruota delle morti e rinascite nella tradizione delle religioni della valle dell’Indo, che in senso lato, viene ad indicare anche l’oceano dell’esistenza, la vita terrena, il mondo materiale, che è permeato di dolore e di sofferenza, ed è, soprattutto, insustanziale: infatti, il mondo quale noi lo vediamo, e nel quale viviamo, altro non è che miraggio, illusione, maya. Immerso in questa illusione, l’uomo è afflitto quindi da una sorta di ignoranza metafisica, ossia da una visione inadeguata della vita terrena e di quella ultraterrena: tale ignoranza conduce l’uomo ad agire trattenendolo così nel Samsara.
Cosa trascina il vecchio marinaio nella sua ricerca? Quale scoperta si attende di compiere? E se tutto, la vita e il suo oltre, ritornasse al suo inizio come l’eterna Ruota? La Casa, la Collina, Il Faro sono l’approdo o solo un approdo, cui fa seguito un altro approdo…e un altro…e un altro ancora in una infinita rincorsa di cui non si scorge la fine? E L’albatro..la colpa dell’uomo, il suo peccato originale…
Queste le emozioni che abbiamo tentato di mettere in scena.
Per i costumi: no ad un abbigliamento naturalistico, no a quello che chiunque avrebbe individuato come un marinaio, solo un semplice abbigliamento da lavoratore del mare.
Anche per la scena siamo stati lontani da una scenografia naturalistica. Ci siamo avvalsi solo di alcune corde, quelle in uso sulle navi per fermare lo scafo alla banchina. Corde per legare, corde per tenere uniti, corde da cui liberarsi, corde da lanciare, corde che indicassero una direzione, corde che fossero anche solo corde.
Poche le musiche e soprattutto un tappeto musicale sempre identico, ossessivo che indirizzasse lo spettatore, e l’attore durante le prove, sulla via della continua ricerca di un punto di riferimento che non c’era.
Teatro di Villa Flora – via Portuense 610, Roma – 8 e 9 giugno 2011, ore 21,00
La Ballata del Vecchio Marinaio
di S.T. COLERIDGE
con Antonello BONGIORNO, Loredana BORLA, Carmine MANCONE, Marta NUCCETELLI, Valentina SORRENTINO, Anita TIBERINO
Musiche – Zbigniew PREISNER
Drammaturgia e regia Sandro CONTE
Aiuto regia Marta NUCCETELLI