KIESLOWSKI decalogo
Kieslowski Decalogo (1990) non è solo “un film”, ma dieci film per la tv polacca di circa 50′, uno per ogni comandamento.
Il Quaderno di Nessuno
Newsletter di Saggi, Letteratura e Documentazione Teatrale
Iscrizioni Archivio: leggi tutti i documenti sul teatro
1900 iscritti / anno IX, n ° 52 / luglio/agosto 2010
KIESLOWSKI Decalogo
di Paolo D’Agostini
Ringraziamo il quotidiano “La Repubblica” per il permesso alla pubblicazione.
E’ il marzo 1990 quando esce nelle sale italiane il film “Il Decalogo” di Krzysztof Kieslowski. Ma non è solo “un film”, ma dieci film per la tv polacca di circa 50′ ognuno, uno per ogni comandamento, proiettati a due a due. La sceneggiatura, quanto di più lontano da una piatta illustrazione dei dieci comandamenti, è dello stesso Kieslowski e di Krzysztof Piesiewicz: ex avvocato e difensore di Solidarnosc nei primi processi degli anni ’80.
Nell’intervista che presentiamo,
allontanandoci per una volta dal mondo teatrale, Kieslowski si racconta in un momento politico in cui è da poco caduto il Muro di Berlino e il vecchio convive col nuovo. Si parla di Solidarnosc, delle incertezze per ciò che si sta lasciando, delle attese per un futuro ancora nebuloso e…
Penso di avere delle idee politiche ma non che siano interessanti. E penso che la politica non abbia in sostanza un grande significato nella vita reale… Per esempio se vedo due persone sedute, che si baciano, credo lo facciano indipensdentemente dal potere politico che governa. In Polonia, in realtà, è accaduto qualcosa di molto rilevante: è finito il regime comunista e sta cominciando la democrazia. Comunque sia, però, secondo le statistiche la gente muore di cancro allo stesso modo e alla stessa velocità, e le file per il pane sono le stesse. A cosa serve allora che io dica il mio pensiero politico nel film o che il mio protagonista abbia un’idea politica piuttosto che un’altra ?
Buona Lettura
KIESLOWSKI: Decalogo
di Paolo D’Agostini
Dal quotidiano “La Repubblica” del 14 marzo 1990
Roma – “E’ vero, quello che in Italia è uscito come Non desiderare la donna d’altri corrisponde al sesto comandamento anche se il titolo italiano fa riferimento al nono. La questione è molto semplice; ci sono dieci film televisivi numerati da uno a dieci, ognuno dura da 56 a 59 minuti e due di essi, cioè il quinto e il sesto, hanno due versioni: una più corta e una cinematografica più lunga. Sono state girate insieme ma montate e distribuite prima di Decalogo”.
Ma il progetto complessivo era già esistente ?
“Certo : mentre stavamo ancora girando il Decalogo è uscito nei cinema polacchi Breve film sull’uccidere, e quando abbiamo finito di girare è uscito il Breve film sull’amore”.
Si ha la sensazione che lei non nutra uno speciale interesse nei confronti della fede, della religione, né grande simpatia per la chiesa e il cattolicesimo polacchi e, forse, neanche per Solidarnosc. Allora che cosa l’ha avvicinata a quest’idea?
“Penso che per fare un film non sia necessario sentirsi legati alle istituzioni. Al contrario ritengo nececessario il massimo di indipendenza. E’ quello che io provo a fare sia nei confronti della chiesa che di Solidarnosc, perché mi interessa ciò che è nelle persone al di là delle classificazioni, ciò che è nella gente al di là del loro essere cattolici o comunisti, a favore o contro Solidarnosc.
I buoni comunisti
———————-
i cattolici disonesti
Esistono altre cose e penso che siano le più importanti: se noi parliamo delle vere sensazioni, dei veri sentimenti e delle vere passioni di un ipotetico personaggio, non è importante chi egli sia o quale sia il suo modo di pensarla quando consideriamo la sua preoccupazione per i figli oppure la sua paura della morte o il suo cercare di vivere nel modo migliore senza però riuscirci. Non credo che la gente si divida secondo la sua appartenenza. Per esempio conosco moltissimi buoni comunisti anche se generalmente non mi piacciono, così come conosco cattolici disonesti e altri che sono in gamba”.
Con il cosceneggiatore Krzysztof Piesiewicz avete cercato di formulare episodi che fossero esemplari dei comandamenti da rappresentare o, al contrario, che fossero i più indiretti possibile ?
“Abbiamo cominciato con l’analizzare quello che significa veramente ogni comandamento; quale è il suo spirito al di là della lettera, che valore aveva per noi. E quello che significa oggi. Non vuol dire che abbiamo avuto sempre la fortuna di trovare la storia migliore, anzi sicuramente non è successo sempre. Ma sempre ci siamo sforzati di individuare prima il significato fondamentale, per cercare soltanto in un secondo tempo la storia o il personaggio che recasse in sé quel significato”
Vi è successo di essere in dubbio sull’abbinamento tra storia e comandamento ?
“Si, anche perché non sempre le connessioni sono così dirette. Il legame tra storia e il comandamento è forzato, voluto da noi”.
Si sente più vicino ad uno piuttosto che ad un altro dei “suoi” dieci comandamenti ?
“Non posso dirlo. Naturalmente alcuni mi piacciono più di altri per motivi diversi. Ma in nessun caso il motivo ha a che fare con i comandamenti. Ciò che assolutamente non desideravo era che il Decalogo diventasse una collezione di sentenze, una raccolta di precetti”
Insomma: le interessa che agli occhi dello spetattore sia evidente il suo punto di vista ?
“Io stesso non so se dimostro in modo preciso il mio punto di vista nel film. Per me è importante che il primo livello sia costituito dalle emozioni. Se mi riesce di avvicinarmi allo spettatore a questo primo livello allora, solo successivamente, potrò intavolare con lui una discussione sui diversi temi. Se poi lo spettatore arriva da solo a capire il mio punto di vista o se invece se ne crea uno personale per me è indifferente. Anzi, forse preferisco la seconda soluzione.
La casualità ha un posto rilevante non solo in questo ma anche in altri suoi film. E’ stato scritto che il suo è un cinema al condizionale. Vuol dire che lei non ha una posizione sulla realtà in cui vive, anche politica ?
“Penso di avere delle idee politiche ma non che siano interessanti. E penso che la politica non abbia in sostanza un grande significato nella vita reale. Che cosa determina che sia al potere la democrazia cristiana o il Partito socialista ? Una volta scegliete gli uni, la prossima volta gli altri, ma alle nove di mattina ugualmente bisogna aspettare mezz’ora per un taxi.
Per non parlare di questioni più importanti. Per esempio se vedo due persone sedute, che si baciano, credo lo facciano indipensdentemente dal potere politico che governa. In Polonia, in realtà, è accaduto qualcosa di molto rilevante: è finito il regime comunista e sta cominciando la democrazia. Comunque sia, però, secondo le statistiche la gente muore di cancro allo stesso modo e alla stessa velocità, e le file per il pane sono le stesse. A cosa serve allora che io dica il mio pensiero politico nel film o che il mio protagonista abbia un’idea politica piuttosto che un’altra ? Se osservi la vita dal punto di vista dei processi che hanno luogo dentro le persone o tra di loro, non ha più importanza”.
Il passaggio da una situazione di limitazione politica alla fine di questa limitazione, e da una cinematografia, un’arte e una cultura in un certo senso protetti da uno stato-mecenate a un nuovo panorama economicamente misto, secondo lei, che conseguenze produrrà ?
“Intanto una gran confusione, che c’è in tutti i campi e non solo in quello della cultura ma dell’economia, dell’educazione, della sanità.
Penso che tutti abbiamo paura di questa situazione, della propria situazione, perchè ciò che è stato non c’è più, i principi secondo i quali siamo stati cresciuti sono scomparsi e non ne sono stati elaborati degli altri di nuovi.
E’ chiaro a tutti che la cultura dovrà appoggiarsi ad un sistema commerciale, la domanda è: saremo in grado di trovare degli amministratori abbastanza intelligenti e capaci e in grado, conoscendo il loro campo e anche la possibilità di trarne dei vantaggi, di gestire in modo appropriato il nostro capitale culturale; trovandovi appuntio degli utili magari investendo anche in altro, oppure queste persone stravolgeranno tutti i principii dirottando gli investimenti in automobili e in beni di consumo ? Un discorso legittimo se riguarderà persone private ma se parliamo dello stato è un’altra cosa, esso ha il compito e il dovere di trovare una giusta proporzione tra valori commerciali e altri che non lo sono.
Finito il vecchio
————————
come sarà il nuovo?
Lo stato che farà: si preoccuperà soltanto di ricavare i maggiori utili possibile per pagare i nostri debiti, oppure per potenziare l’esercito ? Perché mentre un mese o due mesi fa si diceva che l’esercito non ha bisogno di più soldi ed anzi bisogna sottrargliene, dopo la caduta del Muro il nostro primo Ministro ha detto che bisogna aumentare le spese militari. Che significherà togliere soldi a qualcunaltro. per esempio la cultura: l’ultima delle necessità, l’ultima della lista. Io temo che per molti anni queste proprorzioni non si troveranno. Il guaio è che noi polacchi siamo portati a buttarci con tutti noi stessi nell’azione, non siamo capaci di essere ragionevoli ma siamo guidati dall’emozione, dal bisogno del momento”.
Lei ha operato a lungo nel documentario e nell’attività televisiva. Perché ha tardato ad arrivare al cinema di finzione ? Una volta ha dichiarato di aver abbandonato il documentario per potersi avvicinare di più all’uomo, alla sua intimità…
“In fondo non sono arrivato al film a soggetto tanto in ritardo, solo dopo alcuni anni di documentario. Ho anche continuato a fare documentari semplicemente perché amo molto questo genere e tuttora lo amo. Ho sempre creduto che sia in grado di descrivere il mondo. Soltanto dopo ho capito che quello che più mi interessa nel mondo non si può descrivere; e q1uindi ho smesso completamente di fare documentari”.
Si dice di lei che è un solitario, un inclassificabile. Eppure è stato vicino a Zanussi e a quella corrente che negli anni Settanta si disse “dell’inquietudine morale”: non ci si riconosce più ?
“Quello era soltanto un nome. Sono contrario alle etichette, in realtà non contengono nulla”.
Lei ha svolto anche un’attività di insegnamento, sia in Polonia che fuori. Che cosa desidera che i suoi allievi apprendano da lei, alla luce di un’altra sua dichiarazione secondo la quale le interesserebbe indagare, trovare risposte al perchè più che al come fare cinema ?
“In generale io non insegno. Non ho schemi o metodi da comunicare e trasmettere; cerco di creare una situazione tale che i giovani che mi ascoltano riescano ad arrivare da soli alla soluzione. Non in quanto io sto dicendo loro qualcosa, ma in quanto creo una condizione che renda loro possibile trovare in se stessi qualcosa. Del resto, se non hanno dentro qualcosa non diventeranno mai dei registi. A me spetta questo compito di stimolo, da questo punto di vista trovo molto interessante insegnare perché è un rapporto di scambio. Ma non ho il carattere della persona che sa e prova gradualmente a passare questo sapere a qualcuno. Prima di tutto io non so”.
Ha mai pensato che i suoi potessero essere intesi come film a tesi, capitandole come nel caso di Decalogo di prendere le mosse da un’idea molto generale ?
Parlo di sentimenti
———————–
Parlo di passioni
“C’è questo pericolo perciò parlo sempre di sentimenti e di passioni, in modo da allontanarlo”.
A proposito del suo film Spokoj (La tranquillità, del 1976 ma la prima proiezione è dell’ ’80): lei ha rifiutato di reintegrare, usccessivamente, una volta cambiata la situazione, i tagli che all’epoca le erano stati richiesti. Un atteggiamento morale piuttosto inconsueto…
“Mi è venuto assolutamente naturale; non sarebbe stato possibile agire diversamente. Se prendo una responsabilità lo faccio fino in fondo, altrimenti significherebbe rivestirsi del mantello del martire per lamentarsi: guardate come mi hanno fatto del male! Nessuno mi ha fatto del male, mai, io da solo me lo sono procurato. Se sono stato d’accordo nel tagliare non posso fingere che qualcun altro lo abbia fatto al mio posto. Questo è successo con le persone che hanno tradito e poi hanno addossato la colpa su chi li ha costretti a tradire, gente che ha venduto i propri amici dicendo poi di essere stata costretta. Naturalmente erano condizioni molto particolari, quelle: ma chi ha tradito deve chinare la testa”.
Perché il suo film Bezkonca (Senza fine, 1984), realizzato durante lo stato d’emergenza, incontrò reazioni ostili da tutte le parti politiche ?
“Sapevo che sarebbe stato così, non mi ha sorpreso. Sono andato a disturbare persone e istituzioni alle quali non è piaciuto essere toccate. Ognuno si fabbrica un’immagine personale che è sempre migliore di quella che è in realtà. Non fa piacere che vengano tirati via addobbi e decorazioni”.